All’acquirente di un bene immobile in sede di esecuzione forzata, ai sensi dell’art. 2923, comma 3, c.c., non è opponibile la preesistente locazione, qualora il canone locativo sia inferiore di oltre un terzo al giusto prezzo, o a quello risultante da precedenti locazioni, a nulla rilevando che il rapporto sia in corso al momento del pignoramento e la locazione sia stata stipulata dal dante causa del debitore espropriato. Cassazione civile, sez. VI, 01/10/2012, n. 16718
In ordine ai criteri di opponibilità di cui all’art. 2923 c.c., come il G.E. ha il potere di accertare la sussistenza della data certa anteriore al pignoramento del contratto di locazione ed ordinare la liberazione del cespite nel caso l’accertamento abbia esito negativo, allo stesso modo il G.E. può verificare la ricorrenza di un canone “vile” e disporre conseguentemente la liberazione del bene sul presupposto dell’inopponibilità della locazione: è dunque legittimo l’accertamento diretto da parte del G.E. in ordine alla “viltà” del canone di locazione ai fini dell’emissione dell’ordine di liberazione. Tribunale Rimini, 25/01/2017.
La suddette pronunce, si segnalano per avere chiarito che all’espropriazione forzata non si applicano le norme sulla vendita disciplinata dal codice civile laddove siano incompatibili con la finalità pubblicistica, resa evidente dalla riforma del 2006, di tutelare adeguatamente i creditori e coloro i quali si rendano aggiudicatari di beni nell’ambito delle vendite forzate immobiliari, con la conseguenza, relativa alla fattispecie esaminata, dell’operatività del comma 3 dell’art. 2923 c.c. anche nell’ipotesi di locazione stipulata dal dante causa del debitore esecutato e non già direttamente da quest’ultimo.
Sulla questione in esame la Suprema Corte ha chiarito, inoltre, che l’acquirente della cosa pignorata può liberarsi dall’obbligo di rispettare la locazione stipulata anteriormente al pignoramento dimostrando che il canone locativo è inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni e che, a questo scopo, egli può avvalersi di presunzioni, e il giudice può ritenere notorio il giusto canone, sollevando in tale evenienza l’acquirente da qualsiasi onere probatorio al riguardo (in senso conforme Cass. 3 agosto 2005 n. 16243).