Talvolta i proprietari di unità immobiliari locate ricevono lettere di recesso dal contratto di locazione (disdetta) dopo alcuni mesi dall’inizio della locazione o magari in prossimità del periodo estivo. I conduttori spesso invocano quale motivo di recesso dal contratto, nel caso in cui non vi è una clausola convenzionale di libero recesso, i gravi motivi di cui all’art. 4 c. 2 L. 392/78. Tale norma prevede:
Recesso del conduttore
1.- È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.
2.- Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.
Secondo la Cassazione (sentenze n. 5328/07, n. 10980/96, n. 1098/94) perché si possa parlare di «gravi motivi» che consentono il recesso dal contratto di locazione è necessario che la giustificazione addotta si riferisca a fatti:
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indipendenti dalla volontà dell’affittuario,
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imprevedibili
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sopravvenuti rispetto a quando è stato firmato il contratto
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tali da rendere impossibile o gravosa la sua prosecuzione.
La Suprema Corte ha infatti chiarito e precisato che “in tema di recesso del conduttore, sia per le locazioni abitative (art. 3 legge 9 dicembre 1998 n. 431) che per le non abitative o commerciale (art. 27 legge 27 luglio 1978 n. 392), le ragioni che consentono al conduttore di liberarsi dal contratto devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione. Inoltre, la gravosità della prosecuzione deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo” Cassazione del 5.4.2016 n. 6553.
Ad esempio sono gravi motivi:
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una sopraggiunta invalidità dell’inquilino che non gli consenta di salire i gradini in un palazzo con le “barriere architettoniche”;
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un trasferimento dal lavoro in una città particolarmente lontana, non richiesto dal lavoratore e non prevedibile nel momento in cui questi ha firmato l’affitto;
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un licenziamento del lavoratore che aveva preso un appartamento nella città ove si trova l’azienda;
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la presenza dentro l’appartamento di gravi perdite di acqua, umidità e condensa tali da compromettere la salubrità dei predetti ambienti;
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la presenza di un vicino rumoroso (o del cane del vicino) tale da rendere impossibile il riposo e le attività nell’appartamento; è necessario documentare tale fatto inviando una diffida all’inquilino molesto (contro il quale poi il padrone di casa potrà agire per il risarcimento del danno da perdita di guadagno).
Ne deriva che se il conduttore/inquilino se ne va via di casa senza dare il preavviso o senza motivarlo, deve risarcire i danni che il padrone di casa dimostri di avere subìto.
Ma attenzione se l’appartamento viene subito riaffittato o viene usato dallo stesso titolare non c’è alcun obbligo di risarcimento del danno.