Il canone di locazione “a scaletta”. Cosa dice la Suprema Corte.

Febbraio 23, 2020by Studio Legale Mauro

La Suprema Corte, in materia di c.s. “canoni a scaletta”, ha condiviso questo processo evolutivo escludendo la nullità delle relative clausole ex artt. 32 e 79 L. 392/78 e prevedendo “In base al principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola con cui viene pattuita l’iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto (a) mediante la previsione del pagamento di rate quantitativamente differenziate e predeterminate per ciascuna frazione di tempo, oppure (b) mediante il frazionamento dell’intera durata del contratto in periodi temporali più brevi a ciascuno dei quali corrisponda un canone passibile di maggiorazione, ovvero (c) correlando l’entità della canone all’incidenza di elementi o di fatti (diversi dalla svalutazione monetaria) predeterminati ed influenti, secondo la comune visione delle parti, sull’equilibrio economico del sinallagma, Al contrario, la legittimità di tale clausola va esclusa qualora risulti – dal testo del contratto o da elementi extra testuali della cui allegazione è onerata la parte che invoca la nullità – che i contraenti abbiano in realtà perseguito surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetto della svalutazione monetaria, eludendo i limiti quantitativi posti dall’art. 32 della L. 392/78 e così incorrendo nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79, comma 1, della stessa legge” (Cass. Civ. 10/11/2016 n°22909 e Cass. Civ. 21/06/2017 n°15348), arresti giurisprudenziali di rilevante importanza e significato cui ha fatto seguito ulteriore conferma anche in tempi recentissimi (cfr. Cass. Civ. 26/09/2019 n°23986).

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