La riabilitazione dell’indegno: nozione e funzione, presupposti applicativi e distinzione tra riabilitazione totale e parziale

Maggio 18, 2020by Studio Legale Mauro

L’istituto giuridico della riabilitazione della persona indegna a succedere: cos’è e a cosa serve, la necessaria conoscenza da parte del de cuius della causa d’indegnità, i requisiti di forma e l’irrevocabilità della riabilitazione totale, le caratteristiche fondamentali e la revocabilità della riabilitazione parziale secondo la normativa e la dottrina giuridica.

L’istituto della riabilitazione della persona indegna costituisce un negozio giuridico unilaterale non recettizio – che produce quindi effetti anche quando non è portato a conoscenza del destinatario – mediante il quale il de cuius offeso elimina l’indegnità dell’offensore a succedergli.

A tal fine, però, il comportamento che giustifica l’indegnità deve essere stato posto in essere prima del decesso dell’ereditando, non potendo considerarsi valida una riabilitazione effettuata soltanto in relazione a fatti pregiudizievoli che potrebbero verificarsi in futuro.

Per la validità dell’atto di cui qui si tratta è quindi necessario che il de cuius sia a conoscenza della causa d’indegnità, e cionondimeno intenda conferire mortis causa, in tutto o in parte, il proprio patrimonio alla persona dell’offensore.

In tema di riabilitazione dell’indegno, occorre distinguere tra riabilitazione totale e parziale.

La riabilitazione è totale quando è espressa e formale (oltre che irrevocabile), dovendo essere contenuta, a pena di nullità, in un testamento o in un atto pubblico.

La relativa disposizione deve evidenziare non solo la volontà di riabilitare, ma anche, come detto, la consapevolezza dell’esistenza della causa d’indegnità.

Solo in tal modo, infatti, è possibile consentire all’indegno di prendere parte alla successione ereditaria, permettendogli di acquistare, ex lege o ex testamento, l’eredità complessivamente considerata.

Tale prerogativa, d’altra parte, permane anche nell’eventualità di revoca della scrittura testamentaria, tenuto conto che, a termini dell’articolo 587 cod. civ., la disposizione contenente la riabilitazione continuerebbe a conservare tutta la propria efficacia giuridica.

Si parla, invece, di riabilitazione parziale allorché il de cuius decida di inserire nella scheda testamentaria una disposizione a favore di una determinata persona, nonostante sia a conoscenza dell’esistenza di una causa d’indegnità della stessa.

Ebbene, è opinione di una parte dell’elaborazione teorica che una circostanza del genere rappresenterebbe, senza dubbio alcuno, una riabilitazione a tutti gli effetti, per quanto tacita e parziale.

Per contro, ad avviso di un secondo orientamento dottrinario, non esisterebbero i necessari presupposti per ricondurre la fattispecie in esame nell’alveo dell’istituto giuridico della riabilitazione.

Si tratterebbe, piuttosto, del semplice riconoscimento in capo al testatore, della facoltà di includere nell’atto di ultima volontà, disposizioni testamentarie a beneficio dell’indegno, sebbene in mancanza della volontà di riabilitarlo.

In questo caso, pertanto, l’indegno rimarrebbe tale, e la disposizione testamentaria prevista in suo favore sarebbe sempre revocabile.

In conseguenza di detta revoca, così come nel caso di invalidità del testamento, il soggetto non meritevole di succedere al defunto non potrà quindi pretendere alcunché al momento dell’apertura della successione.

Ciò detto, e al di là della specificità delle diverse opinioni dottrinali sin qui analizzate, è possibile affermare, su di un piano più generale, che all’indegno riabilitato parzialmente e tacitamente, spetteranno soltanto i diritti successori la cui fonte possa essere individuata nella disposizione testamentaria predisposta in suo favore, e che tali diritti non potranno quindi mai riguardare l’intero compendio ereditario.

Conseguentemente, alla persona indegna a succedere che sia stata riabilitata nei termini sopra indicati, non sarà possibile impugnare il testamento per ottenere la reintegrazione della propria quota di legittima qualora il valore del lascito testamentario sia inferiore a quello della quota riservata ai legittimari, né potrà usufruire del diritto di accrescimento ove dovesse essere chiamato alla successione insieme ad altri.

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