L’accettazione dell’eredità: nozione e funzione, le varie forme e le diverse modalità di accettazione, il presupposto della delazione attuale e l’efficacia retroattiva dell’accettazione ereditaria

L’accettazione dell’eredità: cos’è e a cosa serve; l’accettazione espressa, parziale, tacita, presunta o legale, pura e semplice o con beneficio d’inventario; l’importanza della delazione attuale e la retroattività dell’acquisto dell’eredità.

Con l’apertura della successione e il realizzarsi della delazione ereditaria, il delato non assume sin da subito la qualità di erede, giacché inizialmente gli sono riconosciuti soltanto il diritto potestativo di accettare il compendio ereditario, e i poteri di amministrazione del patrimonio lasciato dal de cuius da esercitare secondo le modalità indicate dall’art. 460 cod. civ.

In relazione al diritto di accettare l’eredità, l’art. 475 cod. civ. stabilisce che l’accettazione si definisce espressa quando la relativa dichiarazione del chiamato – mediante la quale si manifesta esplicitamente la volontà di accettare o di acquisire la qualifica di erede – sia contenuta in una scrittura privata o in un atto pubblico.

Detta accettazione, i cui effetti retroagiscono al momento dell’apertura della successione, costituisce quindi un negozio giuridico formale posto che, come detto, deve necessariamente farsi, sotto pena di nullità, per atto pubblico o scrittura privata autenticata. Conseguentemente, un’accettazione, per esempio, meramente verbale è da considerarsi radicalmente nulla per mancanza della forma che l’ordinamento richiede ad substantiam.

L’accettazione in questione integra poi un negozio irrevocabile capace di evitare soluzioni di continuità nella titolarità dei rapporti giuridici che facevano capo al de cuius, che altrimenti potrebbero verificarsi per il capriccio dell’erede che dovesse decidere, arbitrariamente, di rinunciare alla qualifica di successore universale del defunto.

La dichiarazione di accettazione, infine, per un verso, corrisponde al negozio unilaterale non recettizio con cui si aderisce alla concreta offerta dell’eredità che ha luogo con la delazione ereditaria, e, per altro verso, rappresenta un actus legitimus, e quindi un negozio giuridico puro, che, a pena di nullità, non tollera l’apposizione di condizioni o termini.

Nel caso invece in cui il delato affermi di voler accettare soltanto una parte dell’eredità, o non sia disposto ad accettare una o più disposizioni testamentarie, si ha accettazione parziale dell’eredità la quale, stante l’operatività del principio dell’unicità della delazione ereditaria che considera l’offerta dell’eredità unica e indivisibile, risulterà improduttiva di effetti perché nulla.

Dall’accettazione espressa si differenzia l’accettazione tacita che, a norma dell’art. 476 cod. civ., si ha allorché il chiamato, consapevole di essere destinatario di una delazione attuale, compia atti che implicano una volontà di accettazione dell’eredità effettiva e concreta, per quanto in mancanza di una precisa dichiarazione dell’interessato in proposito.

Tra gli esempi di accettazione tacita del compendio ereditario che è possibile fare, è bene rammentare la formulazione della domanda di divisione giudiziale, il pagamento dei debiti del de cuius effettuato dal delato con denaro dell’asse ereditario, nonché la richiesta di volture catastali degli immobili presenti nell’asse.

Non comportano, invece, accettazione tacita la presentazione della dichiarazione di successione, il pagamento delle imposte conseguenti e, più in generale, tutti quegli atti di vigilanza, conservativi e di ordinaria amministrazione di cui tratta l’articolo 460 del Codice Civile.

Comporta, d’altro canto, accettazione presunta o legale dell’eredità, il compimento di atti di disposizione da parte del delato giudicati, con presunzione assoluta, atti di accettazione implicita.

È il caso delle c.d. manifestazioni di volontà legalmente determinate tra le quali, conformemente al dettato normativo di cui all’art. 477 cod. civ., rientrano la vendita, la donazione o la cessione dei diritti di successione effettuata dal chiamato all’eredità a vantaggio di altri chiamati o di un estraneo.

Tra i casi di accettazione presunta o legale, la dottrina dominante include, inoltre, le ipotesi di acquisto senza accettazione che si concretizzano, per esempio, nel possesso di beni ereditari senza la materiale formazione dell’inventario nel termine indicato dall’art. 485 cod. civ., nella sottrazione di beni appartenenti all’eredità, o nella successione da parte dello Stato quale ultimo successibile dell’ereditando.

Secondo la corrente lettura giurisprudenziale, peraltro, tale forma di accettazione si distingue dall’accettazione tacita perché non esige, dal giudice, l’indagine sulla volontarietà dell’accettazione richiesta invece dall’articolo 476 del Codice Civile.

Quanto alle modalità di accettazione dell’eredità previste dall’ordinamento, l’articolo 470 cod. civ. distingue tra accettazione pura e semplice e accettazione con beneficio d’inventario.

Con l’accettazione pura e semplice il patrimonio dell’erede si fonde con quello dell’ereditando, tanto che il successore universale è tenuto a rispondere dei debiti e dei legati ereditari ultra vires hereditatis, vale a dire anche oltre il valore dell’attivo ereditario pervenutogli.

Se l’eredità viene invece accettata con beneficio d’inventario, si evita la confusione tra i patrimoni del de cuius e dell’erede, consentendo a quest’ultimo di limitare intra vires hereditatis, e quindi entro il valore dei beni ereditari ricevuti, la propria responsabilità per le obbligazioni e i pesi ereditari.

L’erede beneficiato diviene però anche amministratore del compendio ereditario, la cui attività di ordinaria e straordinaria amministrazione finalizzata al soddisfacimento dei legati e alla liquidazione dei debiti ereditari, viene svolta nell’interesse di creditori ereditari e legatari a cui è tenuto a rendere conto.

Il fondamento giuridico dell’istituto dell’accettazione con beneficio d’inventario va cercato nella volontà dell’ordinamento di favorire l’accettazione dell’eredità affinché venga soddisfatto l’interesse generale ad avere un successore che subentri nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi che sopravvivono al defunto.

È pertanto questo il motivo per cui al testatore non è in alcun modo riconosciuta la possibilità di porre il divieto di accettare la propria eredità con beneficio d’inventario, sancendo la normativa vigente la nullità di un’eventuale clausola testamentaria che dovesse disporre, esplicitamente o implicitamente, una tale proibizione.

Giova quindi ribadire che l’accettazione beneficiata se, per un verso, costituisce una facoltà per il chiamato all’eredità, per altro verso, rappresenta un onere per il legittimario che voglia esperire l’azione di riduzione nei confronti di soggetti che non siano anche coeredi.

L’accettazione con beneficio d’inventario è invece considerata obbligatoria per talune categorie di soggetti giuridici quali gli interdetti, gli inabilitati, i minori, i minori emancipati e le persone giuridiche.

Ciò chiarito, resta ancora da precisare, in termini più generali, che a seguito dell’apertura della successione l’acquisto dell’eredità è possibile soltanto in presenza di una delazione attuale, ossia di una concreta offerta dei beni ereditari ai chiamati a succedere che, dal punto di vista temporale, coincida con la vocazione ereditaria.

Tale acquisto essendo destinato a retroagire al momento in cui si è aperta la successione, evidenzia così l’esigenza, per il legislatore, di ricorrere ad una finzione giuridica che finisce inevitabilmente per tradire la necessità, peraltro già menzionata, di evitare soluzioni di continuità nella titolarità dei rapporti giuridici che facevano capo al de cuius, garantendo in tal modo una maggiore certezza dei traffici giuridici.

Studio Legale Mauro