La restituzione, da parte dell’indegno a succedere, dei frutti percepiti dall’eredità

Maggio 18, 2020by Studio Legale Mauro

Indegnità a succedere: l’obbligo di restituzione dei frutti percepiti dalla data di apertura della successione, in virtù della parificazione dell’indegno al possessore di mala fede; le ragioni dell’inesigibilità dei frutti percipiendi; e il rimborso all’indegno delle spese sopportate per miglioramenti, addizioni o riparazioni.

L’articolo 464 cod. civ. stabilisce, per la persona indegna a succedere, l’obbligo di restituzione dei frutti percepiti dall’eredità in seguito all’apertura della successione, potendosi trattare – in via esemplificativa e non esaustiva – di prodotti agricoli di terreni ricompresi nell’asse ereditario, di canoni di locazione di beni immobili, di dividendi di società per azioni, o di altro ancora.

Tale obbligo trova notoriamente giustificazione nel fatto che l’indegno – le cui riprovevoli condotte, a norma dell’articolo 463 cod. civ., presuppongono il dolo, ossia la consapevolezza e la volontarietà del proprio operato – è parificato al possessore di mala fede, nei cui confronti trovano quindi applicazione le disposizioni normative di cui agli articoli 1148 e seguenti del codice di diritto sostanziale, che impongono al soggetto non meritevole di subentrare al de cuius nei rapporti patrimoniali che a quest’ultimo facevano capo, di restituire i frutti che gli sono pervenuti non dal momento della presentazione della domanda giudiziale, come accade per il possessore di buona fede, ma dalla data in cui si è aperta la successione.

L’indegno non è invece tenuto a restituire i c.d. frutti percipiendi – ossia i frutti che avrebbero potuto essere percepiti facendo uso di una diligenza media, e che invece non lo sono stati – perché il legislatore ha comunque voluto tenere conto della possibilità che l’indegno stesso potesse ignorare che la sua condotta nei riguardi dell’ereditando avrebbe potuto determinare la sua esclusione dalla successione ereditaria.

Si precisa, infine, che alla persona la cui indegnità sia stata dichiarata con provvedimento giudiziale, si applicano anche le norme contemplate dall’articolo 1150 cod. civ., che prevedono, per l’indegno, la rifusione di tutti gli esborsi sopportati per miglioramenti, addizioni o riparazioni, nella misura della minor somma tra ciò che è stato effettivamente speso e il migliorato.

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